Cambiamento: l'attraversamento del Caos (prima della Quiete)
- Carmelinda Campilongo
- 17 feb 2020
- Tempo di lettura: 3 min
Se hai cliccato su questo link sperando in una guida salvifica su come cambiare in 5 semplici mosse, mi dispiace, resterai deluso: questa non è una cosa che può "consigliarti" qualcuno, al contrario, più spesso nasce come un sentimento che ha un forte retrogusto di necessità, è intimo e personale.
Infatti a mio parere il cambiamento è sinonimo di adattamento. Cosa voglio dire: quand'è che sentiamo la necessità di cambiare veramente? Forse quando nella nostra quotidianità si verifica un evento che scombina così tanto le cose da renderle irriconoscibili, se per guardarle indossiamo le lenti di sempre.
Un famoso medico indiano, interessato a sperimentazioni di medicina orientale e occidentale, orientate all'integrazione tra mente e corpo, Deepak Chopra, a proposito di cambiamento dice:
‹‹tutti i grandi cambiamenti sono preceduti dal caos››

Questo è valido tanto per l’individuo tanto quanto per il gruppo, ed esistono innumerevoli esempi: pensiamo alla guerra: cos'è la guerra se non caos puro; uomini che ammazzano altri uomini, donne… bambini. Il capovolgimento delle più fondative regole di convivenza civile, nonché di regole più intime, non scritte, date per scontate. Ebbene, dopo le guerre le società si riorganizzano, nascono una seconda volta. Pensiamo ancora alle catastrofi naturali, alla capacità dell’uomo di ricostruirsi. A questo proposito, vi parlerò ora di quanto accade nel singolo durante un cambiamento, e del caos che ognuno di noi attraversa - e di cui si alimenta - durante questo processo. Il cambiamento è fondante la relazione psicologico-clinica, e ne esistono due tipi, il primo è volto ad una modifica superficiale, mentre il secondo ad una che viene definita strutturale, ed è quella che si ottiene in psicoterapia. Entrambi possono essere ricondotti ad una difficoltà di adattamento. (In che senso?) La nostra storia evolutiva si fonda sulla capacità o meno di adattarci ai cambiamenti che hanno interessato il nostro pianeta nel corso di centinaia di milioni di anni – un esempio sono sicuramente i dinosauri. Lo riassume molto bene Charles Darwin stesso quando afferma che:
‹‹non è la specie più forte o più intelligente a sopravvivere, ma quella che si adatta meglio al cambiamento››.
Questa è una panoramica estesa in formato wide, ma proviamo ad entrare nel micro-sistema del singolo. La spinta al cambiamento deriva sempre dalla percezione di un disadattamento ad una qualche modifica che interessa l’ambiente circostante, in qualsiasi ambito (relazionale, lavorativo, universitario, ecc.). Possiamo sentire la necessità di cambiare alcuni aspetti, così come ad un livello più profondo, oppure possiamo avvertire delle modifiche identitarie già in atto, originate da processi inconsci. Cosa succede, quindi, mentre sentiamo di star cambiando?
Sia che l’abbiamo deliberatamente deciso, sia che questo processo si sia dispiegato al di fuori della nostra consapevolezza, ci sentiamo spaesati, non ci riconosciamo nei pensieri, nei comportamenti, e questo può essere doloroso. Siamo di fronte al disconoscimento di noi stessi, dell’unica inesorabile certezza: io so chi sono. La nostra identità, fondante la fiducia in noi stessi e nel prossimo è in fase di disgregazione, e sta per assumere nuove forme. Questo processo spaventa innanzitutto perché si fonda sull'incertezza: durante un cambiamento ci ritroviamo come ad un bivio in cui sentiamo che le strade percorribili non sono soltanto due, ma potenzialmente infinite, e le destinazioni sconosciute. Dov'è la notizia positiva? - Direte.
Abbiamo anticipato che alla base di un cambiamento troviamo sempre un problema di disadattamento: le nostre risorse non sono in grado di rispondere efficacemente alle richieste dell’ambiente; partiamo dunque da una necessità. Bene, dobbiamo immaginare quella miriade di strade al bivio come una serie infinita di possibilità di crescita, di spostamento da una situazione statica, passiva e improduttiva ad una più dinamica connotata dalla possibilità di essere ciò che non si è stati finora.

Dobbiamo immaginare la nostra identità come un processo in perenne costruzione, che si stabilizza e tende a rinnovarsi ciclicamente: pensate se un quarantenne si comportasse come un ventenne. Sarebbe assurdo vero? Questo è un esempio-limite, ma la nostra intera esistenza è costituita da tantissimi micro-processi di crescita, e alla base della stessa vi è sempre una forma di cambiamento, riconoscibile già nel semplice fatto di cambiare improvvisamente idea su qualcosa. Il cambiamento è dunque il processo di attraversamento di un caos necessario che apre le porte alla possibilità: l'esplorazione delle infinite possibilità di trovare delle risposte lì dove sembrerebbe impossibile, così da raggiungere, di nuovo, la quiete.
‹‹e poi la pace, la quiete come dopo i temporali›› cit.
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