La conoscenza nei regimi totalitari. Alcune riflessioni
- Carmelinda Campilongo
- 14 apr 2020
- Tempo di lettura: 3 min
In "Lessico Civile" Massimo Recalcati fa coincidere l' "ignoranza" al fondamento dei totalitarismi, nella misura in cui richiedono un contratto di dipendenza alla visione univoca della realtà cui li sottopone dittatore. Uno dei gesti-simbolo dei regimi totalitari è, infatti, quello di dare fuoco alle biblioteche (al sapere) cui si accompagna l'impossibilità di ampliare lo sguardo verso altre verità. Il contratto implicito sotteso ai regimi totalitari è costituito dalla certezza di sapere (cosa è definibile vero e giusto) nonché dalla richiesta di "fidarsi" ed "affidarsi" alla certezza di quella verità - innescando una dipendenza. L'autore accosta, inoltre, i regimi dittatoriali a quell'educazione fondata sull'obbedienza, propria del padre-padrone, in cui la libertà del figlio - data dalla possibilità di agire il desiderio - viene disincentivata e severamente punita. Simbologia dei totalitarismi sono, perciò, i muri (vd. fatti recenti su Stati Uniti e Messico) che tracciano un confine netto e tangibile tra un "noi" (che rappresenta i giusti) e un "loro" (non giusti in quanto diversi da noi). Recintare e isolare così da impedire uno scambio con l'esterno, con l'Altro, con il Diverso-da-Sé.
Questi temi sono, a mio parere, ben presenti in The Truman Show (1998).
Conoscerete tutti la trama, in caso contrario ve ne consiglio la visione.
Truman è il protagonista inconsapevole di un reality show che ha come oggetto la sua intera esistenza: il "creatore" (del reality - così viene definito) detiene il pieno controllo sugli avvenimenti più importanti della sua vita, pre-determinandone i percorsi, e impedendogli di esplorare l'al-di-là della cittadina perfetta che fa da sfondo allo show. Il "creatore" rappresenta un padre (padrone e totalitarista) mosso da una fantasia salvifica nei confronti di un figlio altrimenti esposto ai pericoli del mondo - pericoli dai quali, in questo mondo costruito ad hoc, risulta tutelato. Una scena che lo spiega molto bene è quella in cui il "creatore" accarezza l'immagine ingigantita di Truman mentre dorme, esattamente come un padre fa con il proprio figlio.
Il protagonista vive quella verità calata dall'alto, finché cede al desiderio, per appropriarsi del quale si spinge fino ai confini della vita. Questo è molto evidente nella scena madre del film, in cui Truman scopre la sua terribile verità.

The Truman Show (1998)
I dubbi del protagonista sono confermati: l'intera comunità non è che un cast di attori, compresa sua madre, sua moglie, il suo migliore amico. Il cielo, simbologia della libertà, è in realtà un muro. Catene. Truman rappresenta il figlio che insinua la scintilla del dubbio alla regola, e la capovolge.
Cosa fa, dunque?
Esce di scena. Non gioca più e, per questo, le regole hanno appena perso di valore: a vincere è il desiderio.
Anche in questo caso il muro rappresenta, dunque, la chiusura al diverso-da-me:
non esiste altra verità, fuorché quella che gli è imposta dall'alto.
[Io non so di non sapere, e, mentre non so, mi sento al sicuro.]
E l'apertura?
Simbolo dell'apertura sono i libri:
<<per leggere un libro, tanto per cominciare, bisogna aprirlo>>, letteralmente. <<...inoltre, nessun libro può essere l'ultimo>>. Un libro, da solo, non può esaurire la vastità della conoscenza: ne rappresenta sempre una porzione. ma cosa accade se poniamo un libro alla base di un muro? Un solo libro. E' quello che ha provocatoriamente rappresentato un artista messicano, Jorge Mendez Blake.

El Castillo - L'impatto di un libro; Jorge Mendez Blake
Un solo libro e il muro non è più serrato: si apre a degli spiragli.
Un solo libro e il muro non è più solido: questo rende più semplice abbatterlo.
A voi le conclusioni.
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