Relazione madre-bambino e scelta del partner: la nascita dell’universo affettivo
- Carmelinda Campilongo
- 4 feb 2020
- Tempo di lettura: 8 min
Aggiornamento: 17 set 2022
Nell'articolo sulle emozioni si è fatto cenno alla relazione madre-bambin* come alla base strutturale dell’universo emozionale di un individuo, ciò che modella - proprio come un artista fa con una scultura - lo stile relazionale, la scelta del partner futuro, nonché lo specifico modo di dare senso al mondo emotivo.
In questo elaborato verrà zommata la diade madre-bambino al fine di meglio comprendere gli step tramite cui l'universo emozionale si va via via definendo.

tratto da "Le tre età della donna" - Gustav Klimt (1905)
Il primo a porre l’accento sull'importanza della relazione con la figura primaria fu J. Bowlby, che negli anni ’70 osservò una propensione nel neonato a stabilire una connessione con il caregiver di riferimento.
Al fine di dare validità scientifica a tale costrutto M. Ainsworth si avvalse della Strange Situation, applicabile a bambini di 12-18 mesi, tramite cui sarebbe possibile valutare lo stile di attaccamento che lega il bambino alla madre. La sopracitata procedura consiste di una serie di momenti di separazione-riunione tra la madre e il/la bambino/a, intervallati da incontri con un adulto sconosciuto: tali step, stressogeni per un* bambin*, attivano di default l’attaccamento rendendolo dunque misurabile. In base alla reazione del piccolo l’autrice individua tre pattern di attaccamento: quello sicuro, caratterizzato da bambini/e che utilizzano la madre come base sicura e esplorano l’ambiente circostante accedendo alla madre di tanto in tanto per un rifornimento affettivo; durante la separazione esprimono disagio, ma ne tollerano l’assenza accogliendola poi al suo ritorno con sorrisi e vocalizzazioni. Quello insicuro evitante, cui appartengono bambini/e che non interagiscono frequentemente con la madre e non temono l’estraneo, ma sono molto concentrati sull'esplorazione; se la madre si allontana non esprimono disagio e al suo ritorno la ignorano. Infine quello insicuro ambivalente, caratterizzato da bambini/e che non riescono né ad esplorare serenamente l’ambiente, né a utilizzare la madre come base sicura; risultano turbati quando entrano nella stanza, angosciati alla separazione, e al rientro della madre non riescono a tranquillizzarsi mostrando inoltre comportamenti ambigui: cercano il contatto materno, ma poi lo rifiutano, sono interessati ai giocattoli, ma li buttano via se qualcuno glieli offre, stringono la madre, ma esprimendo rabbia e agitazione.

Successivamente Lyons-Ruth individuerà un quarto pattern, quello disorganizzato/disorientato proprio de* bambin* che hanno fatto esperienza di lutti precoci, abbandono e violenza.
Parallelamente, il filone dell’Infant Research stava ridefinendo il concetto piagetiano di bambino-egocentrico, incapace di considerare l’Altro come un essere dotato di pensieri propri. Infatti le ricerche in questo campo, per certi versi sovrapponibili a quelle di Bowlby e Ainsworth, si focalizzavano sulla micro-analisi delle interazioni precoci tra madre e bambin*, giungendo finalmente ad una ridefinizione de* bambin* come predisposto/a allo stabilirsi di legami affettivi.
Tra i primi ad occuparsene D. Stern, che ritiene il/la bambin* in grado di stabilire connessioni con l’ambiente e di attivare scambi con la madre all'interno di un sistema sincronico e intenzionale, servendosi del canale non verbale: l‘infante possiede dunque una propria competenza comunicativa tramite cui ricerca il contatto materno al fine di soddisfare i suoi bisogni primari (fame, sete, sonno ecc.), ma anche emotivo-relazionali, finalizzati alla costruzione di un legame.
Qual è il ruolo della madre?

La madre dovrebbe leggere e rispondere adeguatamente ai bisogni del/la figlio/a (responsività materna), nonché regolarne le emozioni (Tronick, 1989), condividendo quelle positive, e mostrarsi in grado di sintonizzarsi con la sua mente riparando ad eventuali mismatch (mancate sintonizzazioni) (Lyons-Ruth, 2005). Questo complesso “intreccio di menti” sarebbe connesso alla competenza di attribuire al/la bambino/a, già a partire dalla gravidanza, stati mentali propri (Fonagy & Target, 2007) che prende il nome di riflessività o mind-mindedness (Meins, 1999).
L’interazione madre-bambin* si struttura quindi già a partire dalla gravidanza: mentre il feto comincia il suo sviluppo neuro-fisico, si va via via concretizzando nella mente della madre un’immagine del figlio connotata da desideri e fantasie; la madre infatti comunica con il/la figlio/a già durante la gravidanza, lo/a investe di desideri, lo/a rende partecipe di pensieri a lui rivolti. Fu proprio Berne nel 1972 a ipotizzare un ruolo attivo del feto già nella vita intrauterina, che non lo priva di un certo numero di stimoli soprattutto sonori: può ascoltare la voce dei suoi genitori, la voce di sua madre lo pervade visceralmente di vibrazioni tanto da essere già in grado di distinguerla dalle altre al momento della nascita. L’autore ipotizza, inoltre, la formazione di un Io primordiale, viscerale, definito Io Prenatale – confermato da studi più recenti (Bale, 1999).

Al momento della nascita e durante le prime settimane di vita, come già accennato, il/la bambino/a comunica tramite vocalizzazioni, sorrisi e pianti i propri stati fisici ed emotivi, mentre la madre si sintonizza e risponde adeguatamente ai suoi bisogni. Le interazioni primarie sono anzitutto giocose e hanno l’obiettivo di costruire un sistema di regolazione diadico: compito del genitore sarebbe dunque quello di regolare le emozioni negative e mantenere quelle positive (Lyons-Ruth, 2003). Tali interazioni sono prevalentemente di tipo vis-a-vis e risultano fondate sull'imitazione reciproca: il/la bambino/a sorride al sorriso della madre; la capacità innata del/la bambino/a di imitare il volto materno sembra riferita ai neuroni specchio, implicati nell'empatia e negli stati intersoggettivi così come nella capacità di identificare le intenzioni dell’Altro, anticipandolo (Rizzolatti, 2002).
Il susseguirsi di tali scambi precoci si configura sotto forma di schemi non-dichiarativi registrati a livello della memoria implicita, e prende il nome di involucri proto-narrativi. L’infante, infatti, non ha ancora maturato strutture cognitive che gli consentano di memorizzare informazioni dichiarative – motivo per cui non possediamo ricordi che dai 3 anni circa in su. Tali schemi si registrano in un comparto di memoria primordiale, si direbbe procedurale, non accessibile alla consapevolezza: automatizzata. Essi strutturano, dunque, una memoria colma di sequenze tipiche di interazione e si prestano a diventare Rappresentazioni di Interazioni Generalizzate (RIG) che influenzeranno il comportamento affettivo/relazionale da adulto a livello inconsapevole

Per comprendere meglio in che modo ciò avviene è necessario integrare la micro-analisi delle interazioni primarie agli stili di attaccamento. È ormai noto che una madre responsiva (o sufficientemente buona, Winnicott ‣ vedi approfondimenti) sia una madre ben sintonizzata con la mente del/la figlio/a e pronta a riparare alle mancate risposte ai suoi bisogni: questo si porrà come esperienza 0 di rapporto per lui/lei, caratterizzata dalla fiducia nella relazione con l'Altro, che può andare certamente incontro a dei fallimenti, che però verranno prontamente riparati e superati. Un* bambin* sicuro andrà a ricercare nel partner una persona che presenti queste stesse caratteristiche, rapportandosi a lui/lei come degno di essere amato/a. Un* bambin* insicur*-ambivalente avrà invece sperimentato una responsività materna intermittente, imprevedibile, tale per cui attiverà spesso l’attaccamento nella costante ricerca di risposte (che potrebbero o meno arrivare) - in altre parole ricercherà costantemente la presenza della madre nell'estenuante attesa di una risposta, che, se sopraggiunta, lo induce a sentirsi arrabbiato, irrequieto. Questo schema registrato a livello procedurale è l’unico di cui dispone, per cui ricercherà da adulto partner sentimentali, allo stesso modo, disponibili a intermittenza con cui replicherà la menzionata dinamica. Un* bambin* insicur*-evitante infine è stato figlio di una madre con bassa responsività, (frequente ad esempio nella depressione, nel post-partum e altri) tendenzialmente indisponibile alle sue richieste, tanto da indurlo spesso in meccanismi autoconsolatori (consulta la sezione approfondimenti) e a ricercare “aiuto” nell'ambiente circostante. Allo stesso modo, un* bambin* evitante con il sistema d'attaccamento per lo più disattivato ricercherà un partner poco disponibile, poco espressivo, che replichi la relazione ancestrale.
Studi recenti introducono nel panorama scientifico la figura di adult* sicur*-guadagnat*, comprensiva di tutte quelle persone risultate sicure all'AAI (Adult Attachment Interview) nonostante le condizioni avverse sperimentate durante l'infanzia (come trascuratezza, maltrattamento ecc.): alcune esperienze relazionali positive con altri adulti di riferimento (prof./ssa, baby sitter, allenatore/trice ecc.) possono mitigare l'attaccamento primario insicuro tale che lo stile di attaccamento finale risulterebbe come il prodotto dell'intreccio dell'insieme delle relazioni significative, con particolare dominanza di quella primaria.
La relazione con la madre è detta primaria per due ragioni: innanzitutto, cominciando ancor prima che il mondo abbia inizio, è la più arcaica forma di relazione di cui disponiamo; in secondo luogo è la più significativa, è scritta nelle fessure del nostro Sé, ci forgia, ci costituisce e la replicheremo per tutta la nostra esistenza nelle braccia di chi amiamo. Oggi, anche in letteratura, si fa più riferimento alla figura del caregiver sia per ragioni inclusive che per l’evoluzione del concetto di famiglia; infatti sempre più spesso ritroviamo bambini e bambine cresciuti solo dal papà, o solo dalla mamma, o con due mamme o due papà. La figura di riferimento di un* bambin* sarà quella che si occuperà dei suoi bisogni sia fisici che emotivi dall’infanzia all’età adulta.
Approfondimenti -
meccanismi autoconsolatori: il bambino si serve dell’aiuto della madre per regolare i propri stati affettivi intensi positivi o negativi, ma è precocemente in grado di autoregolarsi ad esempio distogliendo lo sguardo, o manipolando parti del proprio corpo (vestiti, suzione del dito, piedi). Vedi paradigma still-face -
madre sufficientemente buona di D. Winnicott: Nella Teoria dello Sviluppo Emotivo, l’autore fa riferimento allo sviluppo del Sé dapprima esclusivamente corporeo, successivamente, grazie allo sviluppo neurologico, all'elaborazione mentale e all'ambiente favorevole, emerge il mondo interno del bambino dis-integrato in Sé centrale da un lato e Io difensore del Sé dall'altro: funzione primaria dell’Io è l’elaborazione mentale di eventi sensoriali che in seguito diventa Realtà Psichica. Il processo di integrazione dell’Io può avvenire solo attraverso una madre sufficientemente buona ‣ una madre, cioè, in grado di rispondere ai bisogni del bambino (holding) figurandosi uno spazio di crescita e di “separazione” che consenta al bambino di raggiungere l’indipendenza, dosando opportunamente la frustrazione cui andrà incontro in tal processo.
Approfondimenti - meccanismi autoconsolatori: il bambino si serve dell’aiuto della madre per regolare i propri stati affettivi intensi positivi o negativi, ma è precocemente in grado di autoregolarsi ad esempio distogliendo lo sguardo, o manipolando parti del proprio corpo (vestiti, suzione del dito, piedi). Vedi paradigma still-face (link) - madre sufficientemente buona (Winnicott): Nella Teoria dello Sviluppo Emotivo, l’autore fa riferimento allo sviluppo del Sé dapprima esclusivamente corporeo, successivamente, grazie allo sviluppo neurologico, all'elaborazione mentale e all'ambiente favorevole, emerge il mondo interno del bambino dis-integrato in Sé centrale da un lato e Io difensore del Sé dall'altro: funzione primaria dell’Io è l’elaborazione mentale di eventi sensoriali che in seguito diventa Realtà Psichica. Il processo di integrazione dell’Io può avvenire solo attraverso una madre sufficientemente buona ‣ una madre, cioè, in grado di rispondere ai bisogni del bambino (holding) figurandosi uno spazio di crescita e di “separazione” che consenta al bambino di raggiungere l’indipendenza, dosando opportunamente la frustrazione cui andrà incontro in tal processo. -AAI: è un'intervista che ha lo scopo di valutare lo stile di attaccamento negli adulti, e si fonda sulla semantica di racconti di esperienze affettive vissute in età infantile.
Bibliografia - Tronick, E. Z. (1989). Emotions and emotional communication in infants. American psychologist, 44(2), 112. - LYONS–RUTH, K. A. R. L. E. N., Yellin, C., Melnick, S., & Atwood, G. (2005). Expanding the concept of unresolved mental states: Hostile/helpless states of mind on the Adult Attachment Interview are associated with disrupted mother–infant communication and infant disorganization. Development and psychopathology, 17(1), 1-23. - Fonagy, P., & Target, M. (2007). The rooting of the mind in the body: New links between attachment theory and psychoanalytic thought. Journal of the American Psychoanalytic Association, 55(2), 411-456. - Meins, E., & Fernyhough, C. (1999). Linguistic acquisitional style and mentalising development: The role of maternal mind-mindedness. Cognitive Development, 14(3), 363-380. - Bale, A. (1999). Prenatal personality formation and ego states. Transactional Analysis Journal, 29(1), 59-63. - Rizzolatti, G., Fadiga, L., Fogassi, L., & Gallese, V. (2002). 14 From mirror neurons to imitation: facts and speculations. The imitative mind: Development, evolution, and brain bases, 6, 247-266. - Lyons-Ruth, K. (2003). Dissociation and the parent-infant dialogue: A longitudinal perspective from attachment research. Journal of the American Psychoanalytic Association, 51(3), 883-911.
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